domenica 22 settembre 2019

Articolo: Metti una serata trash: ovvero il divertimento assicurato made in Deutschland



Photo Credit To instagram
Non sono una con la puzza sotto il naso, anzi.
Da quando vivo a Berlino, dal 2016, ho imparato che non c’è nulla di cui stupirsi: puoi uscire in ciabatte e nessuno lo noterà, puoi aprire un negozio di cocci rotti e i tedeschi ti diranno amabilmente “oh komisch, aber schön!!!”, puoi avere la ricrescita al colore dei capelli e troverai sicuramente qualcuna che ti imiterà, non tanto per la sciattagine (il gusto tedesco è a volte geniale e di classe), ma perché sembra che ai tedeschi piaccia maledettamente il trash.
E’ come una forma di cultura che rende anche felici.
Ed ora ho capito perchè.
Per il mio compleanno ho ricevuto da parte di mio marito tre inviti a cena tutti made in Groupon, scelti accuratamente per farmi divertire e secondo quelle che sono, e lui lo sa bene, le mie preferenze: giapponese, francese, cena con spettacolo.
Il francese e il giapponese sono stati consumati quasi subito.
Niente da dire sul gusto francese, adattato perfettamente al contesto berlinese: il menù proposto dalla “Ganymed Brasserie” è stato eccellente e l’ambiente abbastanza neutrale con tocco squisitamente francese di musica e arredi.
Sul giapponese forse devo fare un po’ spallucce, mio marito ha scelto ciò che Groupon proponeva e non ha avuto molte alternative in quel momento, ma devo dire che “Lila Vietnam” di Mitte ci ha accontentato nelle abbondanti porzioni di sushi, nella immancabile, ma sempre buona zuppa di Miso, e nella coreografica scenografia di un presepe orientale composto da aironi, palme di cocco, fontanelle feng shui e lucine intermittenti stile natalizio.
Ma il vero stupore è arrivato un venerdì sera al “Wilde Matilde Bar, che consiglio vivamente almeno una volta nella vita.

Foto Irma Trotta
Una premessa prima del folklore.

Abbiamo avuto un’accoglienza invidiabile da parte di tutto il personale: la cameriera meravigliosa ci ha messo a nostro agio con sorrisi e premure indiscutibili; la soubrette, nonché principale intrattenitrice, ha svolto il suo ruolo in maniera impeccabile, e la cucina era ottima, con portate magari non proprio allineate con il contesto, ma ben cucinate e buonissime.
Detto questo, devo ringraziare l’adattamento eccellente di mio marito alle situazioni più disparate: è da lui che ho imparato definitivamente a prendere ciò che viene. Del resto, scegliendo Berlino per cambiare le nostre vite, sapevamo benissimo di doverci adattare ad una multi cultura più folcloristica, certe volte stravagante e spesso anche bizzarra.
Per questo i miei primi cinque minuti di sbuffi per il posto a sedere decisamente scomodo (un tavolo di 80×40 altezza ascella, seduti in quattro con poltroncine Capitonnè) si sono subito ridimensionati e l’umore riportato al motivo della serata: divertirci.
Il locale, come suggerisce il nome e anche l’icona di una vispa vecchietta con sguardo sagace e seni prosperosi avvolti in un attillatissimo decolté, si vuole collocare in un’epoca che può variare tra fine ottocento e i primi anni venti del novecento, il concept del locale preannuncia un viaggio scintillante e colorato tra gli anni 20 e 40.
Ho passato la prima mezz’ora a chiedermi cosa succederà in un posto così eccentrico pieno di colori e di elementi coacervi – parer mio – messi lì per confondere lo spettatore e togliergli il dubbio di essere nel posto sbagliato e nella serata sbagliata.
Dopo di che ho iniziato a studiare i dettagli sempre più Komisch: la scelta del look delle cameriere stile anni cinquanta e dei camerieri swing anni trenta, l’arredo misto Belle Epoque, i drappi settecenteschi delle tende, i tessuti in damasco dell’ottocento, gli sgabelli metà settecento e metà Art Dèco, l’illuminazione tra gli anni venti e gli anni ottanta, e la musica…

Quest’ultima mi ha sicuramente spiazzata e ancora adesso faccio fatica a capire gli abbinamenti originali scelti per lasciare sul viso degli ospiti l’espressione dello stupore con la domanda, almeno per chi non è tedesco, “Perché?”.
E poi le ballerine, a coronare la scelta musicale variopinta tra lo stile anni novanta-duemila della pop music di Christina Aguilera e il CanCan dei primi cinquant’anni dell’ottocento parigino, quello di Jacques Offenbach nella sua operetta Orpheus, ancora famosa e attuale attrazione del Moulin Rouge.
Ma gli avventori tedeschi sembravano apprezzare il pout pourri, battevano le mani a ritmo incalzante e anche mio marito ad un certo punto, che per il suo biondo quasi platino e gli occhi azzurri si mimetizza molto bene tra il popolo “Deutsch Original”, si è lasciato trascinare dal ritmo ciondolando le spalle.
Poi è stato il momento del cantante, con gli anni trenta di Frank Sinatra e degli anni cinquanta di ”That’s amore” del fantastico Dean Martin.
La prova del nove per togliersi ogni dubbio in fatto di originalità è arrivata con il trenino “Zum Geburtstag” a ritmo di samba in onore dei festeggiati che per l’occasione erano ospiti della serata.
A seguire disco music con “Born To Be Alive” di Patrick Hernandez, ma anche una Cher degli anni ottanta, e perchè non farsi mancare il balletto del famoso film Grease?
Tanto di cappello poi all’artista di giocoleria che con i suoi cerchi luminosi ha paralizzato gli spettatori con uno spettacolo di luci decisamente affascinante. Ci aspettavamo gli acrobati visto i trampolini e le funi appesi al soffitto, ma probabilmente non era quella la serata.



A far da intermezzo tra una esibizione e l’altra la mitica signora stile anni 30 con il cestino di profumati e coloratissimi mazzolini di fiori di campo  che passava tra i tavoli a venderti un po’ di primavera a 4 euro mentre fuori imperversa un vento gelido simil inverno.
Ok, concludo.
Seduta accanto a me c’è una signora variopinta inespressiva con sguardo vitreo, che ha ballato e battuto le mani per tutta la sera, insomma si è divertita come una matta. Eppure fuori di qui non scommetteresti un centesimo nel sostenere che nelle sue corde esiste la possibilità più remota di divertirsi a suon di Samba e Can Can.
Il popolo tedesco è eccezionale. Non voglio avere la pretesa di conoscerlo da sempre, ma dopo questo tempo vissuto in una città così eclettica come Berlino, mi sembra quantomeno di aver iniziato a catturarne lo spirito.
Non sono tutti freddi i tedeschi e soprattutto non lo sono nel cuore, ma senza ombra di dubbio sono un po’ trash.
Quella apparente legnosità nasconde una leggerezza: nei luoghi opportuni amano anche loro prendersi poco sul serio, perdendo l’inclinazione a sottostare ad un cliché che impone le regole e la perfezione a tutti i costi.
Ma quando devono divertirsi è tutto a briglia sciolta.
Fin troppo… o quasi.

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