
Ho scoperto, curato, pianto, donato,
chiesto, risposto, atteso, e rivolto almeno un piccolissimo sguardo
ad ogni donna della mia vita.
Anche a quelle incontrate per caso,
viste solo per un'ora o solo l'attimo di incrociarle alla fermata
dell'autobus, all'ufficio postale, davanti al bancone dei salumi al
supermercato, in coda al cinematografo.
A nessuna ho negato me stessa.
A volte rispolvero le loro fotografie
fissate nella mia mente: non posso fare a meno di nessuna e a volte
qualcuna mi manca terribilmente, perché è come aver perso una
piccolissima parte della mia anima.
La prima in assoluto è lei: mia
madre... la storia delle storie.
Il coraggio, la forza, la crudeltà, il
dolore, la paura e il cinico e ribelle carattere per riuscire a tirar
su sei figli, a sopportare la morte di fratelli, sorelle, figli,
padre, madre, un pezzo dopo l'altro. E poi la sua malattia.
Posso dire di non aver mai messo al
primo posto nessuna se non lei.
E questo ancora adesso, che stanca e
abbattuta dalla malattia, si ostina a rimanere schiava della rabbia,
come una bambina alla quale è stato fatto un terribile torto.
Pensarla sola e isolata nel suo
viaggio, piangendo per la stanchezza e desiderando quella fine che a
volte si cerca nel cuore, mi strugge. Ma, anche, mi abitua alla sua
lontananza. Eppure lei ancora gioca e non abbandona la bambina che ha
dentro.
A volte con un filo di voce, a volte
squillante come la più terribile delle monelle, cerca se stessa
attraverso i giochi di parole e i capricci che, imperterrita e
cocciuta, adora far subire a chiunque le capiti a tiro.
Settantacinque anni di rocambolesche
avventure: te le racconta come se quasi non fossero accadute a lei,
esagerando nell'enfasi della massima espressione emotiva con i suoi
tentativi di accattivante persuasione, per poi rimettersi nello stato
d'animo del racconto e riprendere il filo della storia.
E così capita di vederla piangere per
la vicina che ha perso il marito, ma poi ridere a crepapelle un
attimo dopo, per lo stesso poveraccio defunto, dandogli del
rompicoglioni; per poi ritornare a piangere ancora, per non tradirsi
allo sguardo attonito del suo interlocutore che la scruta dubbioso.
Che fai Elena... ridi o piangi?
Si dimentica, a volte, della sua vera
natura di stratega, che le ha permesso di vincere sul suo stesso
cuore per trequarti malato.
Ti amo mamma. Ti amerò per mille altre
vite.
1 commento:
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